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Corriere della Sera 6 marzo 2012
William Hamilton, uno dei più rappresentativi esponenti della «teologia radicale», conosciuta per le tesi sulla «morte di Dio», si è spento nella sua casa di Portland, nell'Oregon. Era nato a Evanston, nell'Illinois, nel 1924. Pastore protestante oltre che professore, in Italia era noto grazie a due libri tradotti entrambi nel 1969: La nuova essenza del cristianesimo (Queriniana) e, in collaborazione con Thomas J. Altizer, La teologia radicale e la morte di Dio (Feltrinelli). Nel primo di essi si legge: «Viviamo in un tempo in cui la teologia dovrebbe rinunciare alle pretese strutturali e accontentarsi di una collezione di frammenti o immagini, rapportate tra loro non troppo precisamente ed espresse indirettamente». In altre parole, invitava ad avere «poca sicurezza teologica». William Hamilton rimane una figura che insieme a Gabriel Vahanian, Paul Van Buren, allo stesso Altizer e al rabbino Richard Rubenstein contribuì negli anni Sessanta a una svolta della teologia. Da Friedrich Nietzsche l'affermazione «Dio è morto» finiva in quegli anni sulla copertina di «Time» (aprile 1966), quindi nelle canzoni (testo di Francesco Guccini inciso, tra gli altri, dai Nomadi); e questo anche se il tema era già presente nel Romanticismo tedesco, in Schiller e Heine per esempio, prima di conoscere una vasta eco.
Hamilton comunque, a differenza di Altizer, non vedeva nella «morte di Dio» un evento necessario e definitivo, indispensabile per il progresso, ma qualcosa di transitorio. La concepiva come un'eclissi, un'assenza provvisoria. Il credente rinunciava al «possesso», non all'attesa di Dio. «Essere cristiani oggi - scrisse - vuol dire, in qualche modo, essere uomini senza Dio, ma con la speranza». Questa teologia che aveva perso Dio, così come intuì Bonhoeffer, si concentrava su Cristo. E in lui fondava l'etica, con solidarietà e dedizione per l'Altro.
Gli Insensati e gli Stolti discutono sulla "morte di DIO"
A questi morti nello Spirito diciamo: Conoscete DIO?
Se non lo conoscete di che cosa parlate, razza di vipere!
Conoscere Dio, significa vivere in Eterno nel Suo Incommensurabile Amore Divino.
Voi non conoscete Dio, perché siete morti, perché non possedete la Luce della sua Verità e la Forza del Suo Amore.
Dite che Dio è morto e sconoscete che nemmeno un solo uomo può morire nemmeno se lo desidera; Ciechi ed incoscienti!
Dio è L'Eternità, il Divenire continuo di ogni cosa che è, che sarà sempre. Dio è nel tempo e nello Spazio, fuori del tempo e dello Spazio. Dio è tutto e tutto è Dio. Se voi siete è perché Dio è.
Ma voi, ignoranti, presuntuosi, gravidi di orgoglio e di malvagità, chiusi nel buio della vostra incapacità e limitatezza, non potete capire la Verità che riguarda la Reale Esistenza dell'Altissimo e vi arrogate il diritto di dare dei giudizi sulla sua illimitata Divinità.
"Dio è morto" dite voi, e nello stesso tempo in cui avete pronunciato questa bestemmia, affermate la sua vita, alitante del suono delle sillabe, nella vibrazione di ogni sottile onda che trasporta nell'etere la verità di Colui che è sempre: Dio.
Siete nel buio ed ignorate che la Luce è dentro di voi. Bestemmiatori e pazzi!
Negate la vita a Dio e ignorate la vostra Vita in Dio.
Che discorsi sono questi che fate? Potete far morire Dio senza morire voi? Cosa potrebbe vivere senza la Luce della vita? La Luce della Vita è Dio!
Lo Spirito non è Dio? In ogni atomo non c'è Dio?
Insomma, se non conoscete Dio di chi parlate, di quale Dio?
Iddio dei vostri idoli è morto. Quello si!
Da un Extraterrestre in Servizio sulla Terra
Eugenio Siragusa
Catania, 9 Aprile 1971
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